“Curiamoci di chi ci cura” è un progetto dedicato ai sanitari vittime dello stress da Covid-19
“Curiamoci di chi ci cura” è il programma attraverso il quale la David Lynch Foundation Italia, con sede a Lucca, vuole aiutare medici e infermieri a superare lo stress da superlavoro da Covid-19. In un videoconferenza con gli operatori sanitari, il pluripremiato cineasta ha spiegato che sono stati riportati gli ottimi risultati ottenuti in poco tempo.
“Curiamoci di chi ci cura” è un progetto dedicato ai sanitari vittime dello stress da Covid-19
Aumentare la calma interiore e accrescere la resilienza, ridurre lo stress, fronteggiare le pressioni, curare il burnout, prevenire l’ansia, le tensioni emotive e le situazioni di futuro malessere. Evitando che quest’ultime lascino segni indelebili, attingendo (in maniera naturale e senza sforzo) alle risorse interne che ciascuno di noi possiede e rafforzando le capacità di recupero.
Sono gli obiettivi del programma “Curiamoci di chi ci cura” – già attivo come “Heal the healers now” negli Stati Uniti presso il New York-Presbyterian/Weill Cornell Medical Center – dedicato agli operatori sanitari e avviato in seguito alla pandemia mondiale. Professionisti sottoposti ad elevato livello di ansia e stress che l’emergenza Covid-19 ha amplificato.
Il programma si basa su un metodo facile e piacevole da apprendere e praticare , la meditazione trascendentale , che induce ad un rilassamento profondo, determinando una condizione neurofisiologica unica in grado di combinare un profondo riposo metabolico con una maggiore prontezza mentale.
Ed è proprio la David Lynch Foundation Italia (DLF Italia) ad aver avviato nel nostro paese il programma “Curiamoci di chi ci cura”, insieme alla Società medico chirurgica lucchese e all’Asl Toscana nord ovest, su diretta indicazione del pluripremiato cineasta: il personale sanitario, soprattutto di prima linea, si è fatto carico di stress e fatica tremendi per salvare la vita di pazienti affetti da Covid-19, le parole di David Lynch.
Ad oggi destinato agli ospedali di Lucca e provincia (la città ospita la sede della fondazione e delle sue attività) il programma vede i propri risultati approfonditi con le metodiche scientifiche più avanzate, come riporta il sito. Realizzato grazie al finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, con la consulenza scientifica della Scuola IMT Alti studi Lucca, il progetto ha già seguito oltre 60 persone.
Fino ad oggi abbiamo attivato sette corsi di riduzione dello stress attraverso il metodo della meditazione trascendentale, scientificamente validato – spiega Fatima Franco, collaboratrice di David Lynch e vicepresidente della David Lynch Foundation Italia – e sul quale anche in questo progetto si sta svolgendo una ricerca. Dato interessante è che lo studio pilota condotto negli Usa sui medici del Pronto soccorso ha riscontrato una rilevante riduzione del burnout (già prima della pandemia, un rapporto di Harvard aveva definito l’esaurimento o crollo emotivo del personale medico un rischio per la salute pubblica che richiede con urgenza un’azione) dell’insonnia e dei sintomi da stress post-traumatico già dopo un mese dall’adesione al programma.
“Curiamoci di chi ci cura” insegna agli operatori sanitari italiani una metodica alla quale ricorrono oltre 10 milioni di persone nel mondo appartenenti a qualsiasi ambito professionale, precisa Fatima Franco, che aggiunge: Si tratta di un metodo facile e piacevole da apprendere e praticare, che una volta acquisito può essere attuato in modo autonomo, e che si sposa anche con i ritmi di lavoro particolarmente elevati a cui le persone vanno incontro in periodi come questo.
Nell’esperienza lucchese, la DLF Italia ha insegnato meditazione sanitaria anche agli operatori sanitari dell’ospedale San Luca, della cittadella della salute “Campo di Marte” e delle altre strutture della città toscana che hanno aderito ai primi corsi «rappresentando un valido strumento di aiuto, come ho potuto sperimentare in prima persona», evidenzia la presidente della Società medico chirurgica lucchese, Daniela Melchiorre.
Nel corso di una videoconferenza che ha avuto con gli operatori sanitari, lo stesso Lynch ha spiegato che sono stati riportati gli ottimi risultati ottenuti in poco tempo: più rilassamento, meno ansia e stress, più energia, mente chiara con maggiore capacità di osservare, capacità di disinnescare fattori di tensione. Ragione per cui – ha proseguito il regista, Leone d’oro e premio Oscar alla carriera rispettivamente nel 2006 e 2019 – abbiamo ideato la campagna “Un’azienda, un ospedale”: si pensi ad un’azienda che finanzia per aiutare il personale di un ospedale ad affrontare lo stress tossico. Che importante servizio questa azienda renderebbe all’intera comunità e che grande fiore all’occhiello sarebbe per quell’azienda.
Attualmente, infatti, la Società medico chirurgica lucchese e la David Lynch Foundation Italia si stanno attivando per avviare altri corsi, con l’opportunità di aprire anche a normali cittadini che vogliano apprendere il metodo per vincere lo stress.
- Anche un altro progetto cè in corso a Torino per aiutare e supportare tutti i medici e gli infermieri:
Parco della Salute di Torino. Per medici e infermieri “il progetto attuale è inadeguato”
“Il progetto del Parco della Salute di Torino non è all’altezza dei bisogni di salute dei cittadini e presenta, così come previsto attualmente, una serie di criticità insormontabili che l’esperienza della pandemia Covid ha fatto emergere in modo ancora più evidente”. Lo sostengono i medici e infermieri di Torino e Piemonte, che in una lettera inviata all’Assessorato alla Sanità della Regione Piemonte, alla Città della Salute, al Ministero della Salute e al Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiedono che l’intero progetto venga ridiscusso. La lettera è firmata dall’Omceo Torino, dall’Opi Torino, dai sindacati medici Anaao Assomed, Aaroi Emac, Cimo Fesmed. La contrarietà di ordini professionali e sindacati di categoria non è alla creazione di un polo della salute per l’alta complessità, che anzi “potrà mettere il Piemonte in concorrenza con altri poli di eccellenza, diminuendo la mobilità passiva e rappresentando un forte momento di riqualificazione e volano di ripresa per la Regione” oltre a “superare le attuali condizioni di criticità strutturale e impiantistica degli ospedali della Città della Salute e della Scienza di Torino”.
Le criticità sono invece legate al progetto ipotizzato e all’insufficiente estensione dell’area scelta. Nello specifico sono:
– l’eccessiva riduzione del numero di posti letto (discutibile nel 2019, improponibile alla luce delle esperienze della pandemia) dagli attuali 2.300 ai 1.040, ai quali si affiancherebbero 400 posti, trasformando il CTO in ospedale di I livello;
– la separazione tra alta e medio-bassa complessità in due strutture distinte all’interno della stessa azienda sanitaria, con ricadute negative sul personale e sulla didattica e dubbi vantaggi in termini di costi-benefici;
– la duplicazione del personale sanitario di guardia nei reparti e la presenza di due DEA in parte sovrapposti come competenze, a qualche centinaio di metri di distanza, con potenziali conflitti sul livello di cure adeguato e frequenti necessità di trasferimento dei pazienti dall’uno all’altro;
– la limitata possibilità di espansione della struttura, se nuove tecnologie o eventuali emergenze sanitarie, come quella appena avvenuta, lo richiedessero;
. la costruzione su terreni pesantemente contaminati da inquinanti;
– l’impatto ambientale per i residenti, in termini di traffico veicolare e di rumore, che non è stato valutato.
In pratica, scrivono medici e infermieri, “riteniamo che le perplessità già espresse prima dell’emergenza Covid sul progetto siano state ulteriormente aggravate dai recenti eventi”.
“Ci auguriamo – concludono – un nuovo progetto che non preveda suddivisioni in presidi distaccati, frammentazione dei poli didattici, duplicati di Pronto soccorso né tagli dei posti letto e che si presenti come un vero ed unico “Parco della Salute, della Ricerca e dell’innovazione”, in una struttura estesa, flessibile, modulabile ed ampliabile, in un’area adeguata sia alle necessità assistenziali, sia alla didattica che alla ricerca”.
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