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Le emergenze dell’industria del vetro

Le urgenze per il settore del vetro sono sostanzialmente due: da un lato la necessità di ridurre il costo di approvvigionamento dei vettori energetici; dall’altro quella di avere accesso continuativo a forniture di gas naturale anche in caso di razionamento.

L’industria del vetro sta vivendo un momento di forte sofferenza. Costi dell’energia decuplicati e poche tutele rischiano di far perdere competitività al settore, uno tra i più energivori. Ne abbiamo parlato con Marco Ravasi, presidente di Assovetro, l’associazione italiana degli industriali del vetro.

La prima manovra economica del governo Meloni conferma l’eliminazione, al primo trimestre 2023, degli oneri di sistema confermando il credito d’imposta alle imprese ad alta intensità di energia, che sale dal 40% al 45%. È un buon inizio?

L’eliminazione degli oneri e la conferma, con un lieve incremento, del credito di imposta sono certamente rassicuranti. Non sono però risolutivi. Il contesto per le imprese del comparto del vetro rimane critico. I 60 siti produttivi dislocati sul territorio nazionale, infatti, necessitano di grandi quantità di gas per alimentare i forni a ciclo continuo. Si tratta di impianti che consumano complessivamente circa 1,1 miliardi di metri cubi di gas (circa l’1,5 per cento del consumo nazionale) e che non possono essere mai fermati, pena danni irreparabili e la perdita della capacità produttiva.

Con simili quantità, con questa rigidezza, e con bollette che superano, in media, i 10 milioni di euro al mese, anche la gestione del credito di imposta, dal punto di vista amministrativo, non è semplice: non sempre i bilanci sono sufficientemente capienti e gli istituti di credito fanno fatica ad assorbire i crediti, che sono, tra l’altro, cedibili solo per intero.

Quali sono le urgenze del settore del vetro in questo senso?

Le urgenze per il settore del vetro sono sostanzialmente due: da un lato la necessità di supporto riducendo il costo di approvvigionamento dei vettori energetici anche attraverso la possibilità di accesso a quantitativi di energia elettrica e gas naturale a prezzi calmierati; dall’altro la necessità di avere accesso continuativo a forniture di gas naturale anche in caso di razionamento, pena la perdita della capacità produttiva.

Dal primo punto di vista, i provvedimenti “energy release” e “gas release” potrebbero rappresentare una prima risposta, se non fosse che i tempi di attuazione appaiono sproporzionati rispetto all’emergenza (ancora nulla sul fronte gas release, forse qualcosa per l’elettricità) e i quantitativi in gioco sono troppo esigui per consentire un efficace sollievo della situazione, soprattutto in rapporto ai principali competitor europei.

 

Dal secondo punto di vista, che se si vuole è ancora più delicato, un aiuto potrebbe venire dalla possibilità di ridurre parzialmente i consumi di gas naturale attraverso il fuel switch, verso combustibili alternativi come il gasolio, percorso che, allo stato attuale, non può essere seguito appieno senza una deroga ai limiti sulle emissioni in atmosfera e una semplificazione delle procedure burocratiche connesse alle autorizzazioni per le modifiche impiantistiche necessarie e lo stoccaggio prodotti.

Questa situazione si somma alle difficoltà dovute alla congiuntura geopolitica, tra conflitti, “weaponizzazione” dell’energia e frammentazione delle supply chain, con il conseguente aumento generalizzato dei prezzi…

La crisi della supply chain è la “ciliegina” sulla torta per i nostri imprenditori. L’Italia importava circa il 20 per cento del vetro che utilizza, da paesi quali Turchia, Portogallo Europa nordorientale, ma anche la stessa Ucraina. L’aumento generalizzato dei costi di produzione e la mancanza dei mezzi di trasporto hanno causato un picco del costo dei noli e un crollo delle importazioni.

Il tutto si traduce in un aumento di oltre il 40% per cento del costo delle bottiglie che fa il paio con una carenza di prodotti rispetto alla domanda. Si stima che nel prossimo trimestre potrebbero mancare all’appello 200 tonnellate di bottiglie, con ripercussioni su diversi settori a partire da quello del food and beverage.

In questo contesto, il settore del vetro continua a correre e ad essere trainante, la domanda di vetro italiano continua ad aumentare in linea con il rialzo della produzione tricolore del 9,4 per cento nel 2021 e del 3,4 per cento nel primo trimestre di quest’anno. Situazione analoga è vissuta negli altri comparti del settore, come quello della produzione di vetro piano per l’edilizia, lane e filati e fibre di rinforzo.

Quali provvedimenti nazionali ed europei dovrebbero essere intrapresi per la salvaguardia della filiera del vetro?

Sostenere attivamente l’industria italiana del vetro, facilitando le forniture di energia e materie prime, oggi significa permettere all’Italia di mantenere la propria quota di mercato e la leadership europea (l’Italia è il primo produttore europeo per imballaggi in vetro, e il secondo se si considera tutto il comparto).

Per semplificare: la sovranità alimentare potrebbe passare, in parte, anche attraverso la difesa della competitività del vetro. Se lo immagina un vino d’annata contenuto in un packaging alternativo dalla bottiglia?

D’altro canto, il perdurare di questa situazione senza alcun intervento, potrebbe determinare nel medio periodo una forte perdita di competitività del settore e l’incremento delle produzioni in altri paesi, segnatamente extra europei, con le conseguenze comprensibili sui livelli occupazionali italiani, la sicurezza di approvvigionamento, la capacità di riciclo e, anche, il percorso di decarbonizzazione mondiale.

L’industria del vetro è tra quelle più energivore è ad alto impatto ambientale in termini di produzione. Qual è la strada per avvicinarsi a una maggiore sostenibilità?

Nonostante le contingenze accidentate, il percorso del comparto del settore del vetro verso una maggiore e progressiva sostenibilità rimarrà invariato.

È utile anzitutto ricordare che il vetro è infinitamente riciclabile e anche infinitamente riutilizzabile, questa versatilità se calata nel comparto del packaging permette di scegliere la modalità di distribuzione di alimenti e bevande più conveniente per l’ambiente.

Il nostro impegno si concentra da un lato nel potenziamento della catena dell’economia circolare e del riciclo e dall’altro all’impegno e investimento costante verso la decarbonizzazione.

Stando al rapporto annuale di Coreve, il Consorzio di riciclo del vetro, nel 2021 sono state più di 2,4 milioni di tonnellate dei rifiuti di vetro riciclate in Italia (+1,8% rispetto al 2020), con un tasso di riciclo pari a 76,6%, attestandoci con otto anni di anticipo già leggermente sopra all’obiettivo del 75% fissato dall’Unione Europea entro il 2030.

Nonostante ciò – e su questo occorre uno sforzo ulteriore – sono ancora 400.000 le tonnellate che finiscono in discarica e che occorre canalizzare in modo corretto.

Il comparto del vetro piano, d’altro canto, produce un materiale insostituibile in tutte le applicazioni (edilizia, automotive, eccetera), completamente naturale e tecnologicamente avanzatissimo. In edilizia esistono i cosiddetti “vetri dinamici” che permettono di regolare l’afflusso di radiazione solare all’interno degli edifici riducendo la necessità di condizionamento estivo ed invernale al minimo. Nel settore automotive, le applicazioni più avanzate hanno quasi dimezzato il peso dei parabrezza.

 

E sul tema Co2?

Sul versante riduzione della Co2 siamo proiettati verso una decarbonizzazione dell’industria al 2050. Molte nostre aziende tra i principali player mondiali hanno annunciato piani di riduzione sostanziale delle emissioni già al 2030, cui corrisponderanno, nei prossimi anni, massicci investimenti in tecnologie.

La strada maestra per centrare l’obiettivo è quella di aumentare l’efficienza dei prodotti e delle modalità di utilizzo degli stessi, penso per esempio ai margini di miglioramento che i vetri possono garantire in termini di efficientamento energetico degli edifici o all’opzione del riutilizzo dei contenitori ancora poco sfruttata nel nostro Paese.

Parallelamente occorre mantenere competitive le produzioni nazionali se si vuole che gli investimenti siano effettuati nel nostro Paese, portatore di una antica tradizione vetraria che non può essere dispersa.

D’altra parte, si tratta di un’industria che crea un alto valore aggiunto per il Paese.

Secondo i dati che emergono da uno studio in corso patrocinato anche dal CNEL, sostenere l’industria del vetro in Italia vuol dire generare un valore di 27 miliardi di euro con un rapporto di oltre 2,5 volte rispetto agli investimenti necessari.

Lo studio, infatti, valorizza l’impatto non solo economico, ma anche sociale ed ambientale del vetro e della filiera a partire da alcuni driver di evoluzione quali la decarbonizzazione, con il suo portato positivo di innovazione e di riduzione delle emissioni climalteranti, l’aumento dell’efficienza energetica in edilizia e il cambiamento parziale delle abitudini di consumo nel food and beverage.

Lo studio sarà il punto di partenza di un confronto più ampio in programma il prossimo 23 febbraio, nell’ambito di un Convegno che Assovetro organizza presso la sede del CNEL, in cui si discuterà del futuro del settore del vetro in Italia assieme alle parti sociali, agli attori delle filiere più importanti del Made in Italy e alle istituzioni.

 

https://formiche.net/2022/12/le-emergenze-industria-del-vetro-come-risolverle-secondo-ravas

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La Visita dei Membri della Camera di Commercio Irano- Italiana dalla fabbrica Delpazir (Kadbanu)

La camera di commercio Irano- Italiana, secondo la sua missione, cerca sempre di creare una piattaforma adatta in un’atmosfera professionale e amichevole per comunicare tra i membri della camera  e’ sta provando di sostenere il più possibile il settore privato nella crescita e nel miglioramento del contesto imprenditoriale e, in generale, mostra il suo impatto sulla macroeconomia e, creando una relazione tra attori economici, la camera di Commercio cerca di  fornire per loro l’opportunità di scambiare conoscenze ed esperienze  ed offre loro l’opportunità di avviare collaborazioni congiunte o sviluppare imprese economiche. Pertanto, una delegazione composta dal Cavaliere Ahmad Pourfallah, il Presidente di IICCIM ed accompagnato dalla Segretaria Generale e dai membri delle 5 commissioni della camera, ha visitato i Delpazir stabilimenti, dove gran parte delle macchine delle loro linee di produzione erano fornite dai fornitori europei, in particolare Italia e Germania.

Durante questa visita, Cavaliere Ahmad Pourfallah ha dichiarato: Il ruolo del settore privato nella crisi economica del paese, in particolare nelle industrie alimentare e farmaceutica, non dovrebbe essere dimenticato, ed oggi, i risultati significativi ed i progressi di questo settore nell’aggiornamento delle tecnologie e sistemi in linea con gli standard europei, mostrano l’intraprendenza e gli sforzi degli attivisti economici del settore private sono elevate.

Di seguito, il presidente della camera di Commercio Irano- Italiana ha menzionato la fabbrica di Delpazir come una delle collezioni uniche ed ha espresso la sua gratitudine e apprezzamento per gli sforzi delle persone coinvolte in questa collezione tra consegnando una targa all’ Ing. Mohammad Ismail Qods, il fondatore ed il presidente del Consiglio di Amministrazione di Delpzir.

L’Ingegnere Qods, nel dare un caloroso benvenuto ai membri della camera di Commercio Irano e Italiana, ha spiegato le sue parole, presentando una relazione dettagliata sulla storia, gli approcci gestionali, le sfide ed i processi produttivi, l’inizio e gli obiettivi ed i piani futuri della fabbrica.

Ing. Qods, raccontando i suoi ricordi dopo la laurea, ha dichiarato di aver iniziato la sua carriera vendendo e poi distribuendo i prodotti alimentari per poter entrare nel campo della produzione, ha precisato: “Dopo essermi laureato all’Università di Teheran nel campo dell’economia, sapevo benissimo che avrei volevo lavorare nel settore privato, e da quel momento ho pianificato e agito per i miei obiettivi senza perdere tempo.”

Lui ha continuato che la società Kodbanu, produttrice di prodotti Delpazir, ha iniziato la sua attività nel 1949, e con l’acquisto di questa collezione, abbiamo iniziato il nostro nuovo percorso per diventare piacevoli. Lui ha sottolineato: all’inizio della sua costituzione, l’attività di questa azienda era limitata alla produzione di pochi tipi di composte e marmellate, e attualmente in questa fabbrica vengono prodotti 84 tipi di prodotti che, per la loro qualità rispetto ad altri marchi, sono anche avere un prezzo ragionevole, ed espandendo le attività di questa azienda per la prima volta in Iran, la nostra collezione è riuscita a produrre marmellate senza zucchero e altri prodotti come salse fredde (maionese e condimenti per insalata), salse piccanti (ketchup speziato e normale) e salse senza carne Ai prodotti dell’azienda si aggiungono anche prodotti in scatola (sugo per pasta, mangime per fagioli borlotti, ecc.).

Lui ha detto, nel 2009, il progetto del nuovo stabilimento è stato definito dal consiglio di amministrazione della società al fine di aumentare il volume, il tipo e la qualità della produzione in un terreno con una superficie di oltre 120 mila metri quadrati nella regione del Kurdan , nonostante le condizioni internazionali prevalenti, questo piano è stato completato entro un periodo di 30 mesi con il volume L’investimento di oltre 2000 miliardi di Rial è stato messo in funzione. Il progetto iniziale del sito è stato realizzato da consulenti italiani e poi finalizzato da consulenti iraniani.

Il Sig.  Qods ha anche spiegato che tutte le macchine utilizzate in questo progetto sono state acquistate dai migliori produttori europei di macchine con la più alta tecnologia e sono state messe in funzione nel 2012. Gli impianti e le infrastrutture di questo complesso sono stati pensati in modo tale da non porre vincoli al futuro sviluppo delle attività, in particolare il sistema di depurazione delle acque reflue, che con una capacità di 4500 metri cubi al giorno, è uno dei più grandi e più complessi di trattamento aggiornati in Medio Oriente.

Lui ha detto: con l’avvio di questo progetto, la produzione di prodotti in questo complesso è aumentata di 150 mila tonnellate all’anno e con lo sviluppo delle linee di produzione, al portafoglio prodotti della fabbrica è stato aggiunto anche il concentrato di pomodoro come materia prima o prodotto finale.

Lui ha continuato, secondo l’ottica della gestione del complesso, che si basa sulla creazione di posti di lavoro, dopo l’avvio del nuovo sito, la vecchia fabbrica (Kod Bano) continuerà a funzionare per fornire materie prime, oltre ad assumere nuovi specialisti e l’attuazione dei programmi.La formazione con l’impiego di esperti stranieri, continuando l’attività produttiva nello stabilimento principale, ha favorito l’occupazione nella regione.

Secondo l’ottica della gestione del complesso, che si basa sulla creazione di posti di lavoro, dopo l’avvio del nuovo sito, la vecchia fabbrica (Kadbanoo) continuerà a funzionare per fornire materie prime, oltre ad assumere nuovi specialisti e l’attuazione dei programmi.La formazione con l’impiego di esperti stranieri, continuando l’attività produttiva nello stabilimento principale, ha favorito l’occupazione nella regione.

L’ingegner Qods ha sottolineato che dovremmo cercare di mettere il tema della “qualità” in cima all’agenda della vita e degli affari ed ha sottolineato che nella nostra collezione non c’è mai stato un “ritorno di merce” alla fabbrica a causa di un problema di qualità e, considerando la visione di Kadbanoo di essere un leader nell’industria alimentare nella regione del Medio Oriente e migliorare la qualità della vita e la salute della comunità attraverso la produzione e la fornitura di prodotti sani e di qualità, il processo di sviluppo è una cosa continua e continua in questo raccolta, In modo che nel nostro complesso sia in fase di progettazione e attuazione un piano di riqualificazione per migliorare la qualità del confezionamento dei prodotti e aggiungere nuovi prodotti per un valore di oltre 1500 miliardi di Rial.

Il fondatore del gruppo Delpazir, riferendosi all’esistenza di una struttura informatica e di una rete di distribuzione progettata da esperti di informatica e utilizzando il relativo algoritmo, ha definite che il sistema di distribuzione di questa fabbrica, le reti di distribuzione del prodotto, sono più aggiornate e avanzate, ed ha aggiunto che uno dei programmi culturali di questa fabbrica invita il pubblico a visitare le linee di produzione per conoscere meglio il marchio di Delpazir ed i prodotti che usano sulle loro tavole. Alla fine, il presidente del consiglio di amministrazione ha annunciato la compilazione del libro nel 75° anniversario di Delizhan nel 2023.

Durante questa visita, le linee di produzione e le tecnologie utilizzate in esse sono state spiegate in dettaglio dagli tecnici ed esperti. Questo evento, che è stato accompagnato dalla calorosa accoglienza di un piacevole gruppo e dal pranzo, ha creato un’opportunità per i membri della camera di conoscere la storia, gli approcci, le sfide, i progetti, le produzioni, i diversi prodotti e le dimensioni del mercato di questa unità produttiva con conoscere anche gli altri membri e le loro attività.

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la parola di caporedattore

L’Industria del vetro

Quando vogliamo presentare una persona sensibile e dal cuore fragile, diciamo che il suo cuore è come il vetro.

Quando vogliamo definire una persona chiara e liscia, diciamo che è chiara e pulita come il vetro.

 

Questo oggetto fragile e trasparente, allo stesso tempo, è talmente rigido da riuscire a creare un solco su tutti gli oggetti tranne il diamante. Nel nostro ambiente, a volte incontriamo persone fragili e vulnerabili come il vetro.

Il vetro è un liquido la cui viscosità ha raggiunto un livello tale a causa del rapido raffreddamento che non è possibile formare una rete cristallina regolare. Da un punto di vista scientifico, la vetrificazione è un fenomeno che qualsiasi oggetto può diventare in questo stato. In questo processo il tempo è un fattore decisivo e la vetrificazione degli oggetti dipende dal tempo che l’oggetto ha a disposizione per formare una rete cristallina regolare.

I primi tipi di vetro sono stati creati in natura, soprattutto dopo l’eruzione dei vulcani. Secondo studi teorici e sul campo, nonché scavi, è stato riportato che l’età del vetro e la sua presenza nella vita delle prime tribù risalgono a cinquemila anni fa. I vasi scoperti in Mesopotamia mostrano l’età del vetro a più di duemila anni aC.

I tipi di contenitori di vetro ottenuti dagli scavi in ​​​​Egitto hanno stimato l’età di questo fenomeno in cinquemila anni.

In Iran, dopo gli scavi in ​​Lorestan e Susa, gli archeologi hanno trovato pezzi di vetro verde, che stimano risalgono a 2250 anni prima di Cristo.   Le persone dell’età del bronzo riscaldavano il vetro naturale e lo trasformavano in diverse forme e nella vita primitiva di quell’epoca lo usavano in vari modi come strumenti di guerra e fabbricando strumenti per la caccia e la difesa personale.

Circa 100 anni prima di Cristo, l’arte della lavorazione del vetro passò dall’Egitto all’Italia, e poi gradualmente dall’Italia alla Spagna, alla Germania, all’Inghilterra e alle coste settentrionali del Mar Nero. Intorno all’anno 900 d.C., anche la produzione di vetro e specchi nella città di Venezia, in Italia, si sviluppò enormemente.

Dopo aver acquisito le tecniche di lavorazione del vetro, gli italiani trasferirono questa industria nelle isole di Murano e Burano per proteggerla dalla portata di altre nazioni. Oggi gli strumenti in vetro di Murano sono famosi in tutto il mondo.

Contemporaneamente agli anni dal 1600 al 1700 d.C., l’industria del vetro si sviluppò gradualmente nel mondo e si diffuse rapidamente.

Oltre alla sua durezza e trasparenza e resistenza al suono e all’aria, il vetro ha la proprietà di accettabilità del modello e del colore e la capacità di produrre in diversi livelli e colori, ed e’ ampiamente utilizzato nell’industria dell’architettura, nella costruzione e nella decorazione di spazi per gli  automobili, gli aerei ed navi. La produzione industriale del vetro in Iran, utilizzato principalmente nell’industria delle costruzioni e dei contenitori, ha circa 100 anni. L’unità di produzione del vetro in Iran fu fondata per la prima volta nel 1318 dalla Iran Glass Company.

Successivamente, anche le fabbriche di vetro Qazvin e Abgineh si sono convertite a questo settore, e successivamente anche le fabbriche di produzione e produzione di vetro nella provincia di Yazd, Lia glass e Saveh glass hanno iniziato le loro attività.

Considerando l’abbondanza di materie prime necessarie all’industria del vetro in Iran e l’economicità dell’energia, c’è ancora molto spazio per lo sviluppo di questa industria al fine di soddisfare le sue esigenze interne e di esportazione.

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Ahvaz

Khuzestan; Ahvaz

Il nome Khouzistan, che significa “Terra dei Khuzi”, si riferisce ai nomi dei primi abitanti della provincia, il popolo Khuzi. Questo nome deriva dall’antica lingua degli elamiti detto Uvja. Khuzestan, chiamato anche Arabistan, copre una superfice di 64.055 chilometri quadrati e la sua popolazione rappresenta una ricchezza storica, culturale e soprattutto antropologica visto che qui vige una convivenza tra varie etnie iraniche: Bakhtiari, persiani, arabi-persiani, lur e così via. La popolazione è molto mista, poiché ci sono quasi un milione di parlanti arabi, e l’elemento tribale rimane importante.

La regione costituisce la punta di diamante dei piani di sviluppo iraniani, prima attraverso il suo petrolio (il più antico sfruttato in Medio Oriente), poi attraverso la sua agricoltura modernizzata (costruzione di grandi dighe, come quella del Dez; dighe per irrigazione o pompaggio di acqua dal Karun e Karkhe; zona agraria orientata verso colture commerciali: riso, cotone, canna da zucchero e barbabietola da zucchero oltre ai cereali).

Karun
Il fiume Karun, lungo 950 km, è il fiume più grande dell’Iran. Karun si colloca tra pochi fiumi navigabili in Iran nonché l’unico nel suo genere. Oggi giorno con il problema della siccità, Karun recita un ruolo importante per fornire l’acqua dolce ai rubinetti delle case di. Karun, a sua volta, sorge dalla montagna Zardkooh nella provincia di Ahvaz Chaharmahal e Bakhtiari. Alla fine del suo percorso nel territorio iraniano, Karun arriva a Khorramshahr e in fine lascia l’Iran per vestirsi di un nuovo mantello nel territorio iracheno. Vale dire, Karuz trovatosi tra il confine Iran e Iraq ha assistito una situazione piuttosto drastica durante la guerra Iran – Iraq (1980 – 1988), tanto vero che Khorramshahr – una città nella provincia di Khuzestan – venne presa e conquistata dall’esercito iracheno ma poi stata “liberata” e riconquistata durante le operazioni nazionalistiche iraniane. Questo fiume, questa città e persino questo popolo – come anche il popolo curdo- insomma dove Iran confinava con l’Iraq, ha subito degli eventi radicalmente tragici. Da notare, infine, sia Ahvaz, Abadan, Khorramshahr e altre città iraniane erano nel mirino degli aerei militari iracheni che hanno rasato al suolo una buona parte dell’ovest e sud ovest dell’Iran.

Ponti di Ahvaz

Tra le più importanti attrazioni turistiche di Ahvaz ci sono i suoi ponti che portano con loro la storia del paese. Oggi esistono una decina di ponti su Karun: Ponte Sefid e ponte Nero. Essi hanno raddoppiato la bellezza della città grazie al loro stile architettonico particolare.
L’attività principale di molte persone è la pesca e hanno anche un festival della pesca che si svolge ogni anno nel mese di maggio. C’è un vivacissimo mercato centrale nel centro di Ahvaz dove molte persone vendono e comprano prodotti locali e oggetti tipici della zona come il ventaglio fatto con le foglie di palma, i datteri, il pescato del giorno e il caffè tipico della zona – un tipico arabico e ben tostato che viene preparato e mantenuto sul carbone ardente –. Qui c’è un famoso piatto che si chiama “ghelye mahi”: è un brodo di pesce con verdure e erbette aromatiche, per poi arrivare alla specialità di questa zona che è per certo il famoso panino ossia “falafel”.

Casa Moein Al Tojjar
Dopo che Naser-al-din-shah ha permesso alle navi straniere di navigare sul fiume Karun, Haj Mohammad Taghi Moin Al Tojjar ha deciso di costruire questo complesso nelle vicinanze della riva del fiume Karun. Inoltre ha costruito un bagno, un bazar e una moschea vicino alla casa. Essendo vicino al porto, il caravanserraglio o Casa Moein Al-Tojjar era un luogo ideale per gli scambi commerciali.

Agricoltura

L’abbondanza di acqua e la fertilità dei suoli hanno trasformato la regione di Khuzestan in una terra ricca e produttiva. La varietà di prodotti agricoli come grano, orzo, semi oleosi, riso, eucalipto; l’esistenza di numerose aziende agricole di palme e agrumi; il fatto di avere montagne adatte all’allevamento delle olive e, ovviamente, della canna da zucchero mostra tutto il potenziale di questa fertile pianura.
https://en.irancultura.it/tourism/attractions/Khuzestan/the-bridge-White/
https://sitotravel.com/citta/ahvaz/?lang=it

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Koluche ye Khorma va Zanjefil – (Biscotti farciti ai datteri e zenzero)

INGREDIENTI

Per la farcitura:
• 500 g di datteri non glassati denocciolati e sminuzzati finemente.
• 1cucchiaio di zenzero fresco o 1 cucchiaino da caffè di zenzero in polvere
• 2 Cucchiai di olio
• 2 Cucchiai di acqua

Variante per la farcitura:
E’ possibile sostituire i datteri con la stessa quantità di noci e Io zenzero con la cannella e qualche cucchiaio di miele.

Per la pasta:
• 350 g di farino setacciata
• 300 ml di olio o burro
• 1 Cucchiaino di cumino pestato al mortaio
• 2 Cucchiaini di zucchero
• 1Cucchiaino di lievito per dolci
• 1 Pizzico di bicarbonato
• 120 ml di acqua

PREPARAZIONE
Impastate (anche utilizzando un impastatore elettrico) la farina con l’olio e il cumino e fate riposare per 24 ore. In una terrina mescolate lo zucchero, il lievito per dolci e il bicarbonato e discioglieteli bene nell’acqua. Aggiungete gradatamente il liquido ottenuto alla pasta riposata, continuando a lavorare la massa finché si è assorbito completamente e la pasta non si appiccica alle mani. Su una spianatoia infarinata lavoratela altri 10′ e dopo averla avvolta in un canovaccio umido fatela riposare almeno 2 ora. Stendetela con l’aiuto di un mattarello in una sfoglia alta 1/2 cm. Preriscaldate il forno a 180°C. Ritagliate con il fondo di un bicchiere la pasta a rondelle circolari. Disponete nel centro della metà delle rondelle ricavate un cucchiaino della farcitura. Coprite ogni rondella farcita con una uguale delle stesse dimensioni e chiudete bene i bordi con le mani umide o con del latte. Allineate i biscotti così ottenuti sulla piastra del forno a distanza di 2 cm l’uno dall’altro e infornate per 20-25′ nel livello medio del forno finché saranno ben dorati.

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Falafel di ceci (Felafel)

Ingredienti:
• Ceci secchi: 500 g
• Cipolle: 1
• Aglio: 1 spicchio
• Prezzemolo: 1 mazzetto
• Cumino in polvere: 1 pizzico
• Sale: fino 1 pizzico
• Pepe nero: 1 pizzico
• Olio di semi di arachide: 1

Preparazione:
Per preparare i felafel, cominciate la sera prima mettendo in ammollo i ceci secchi in acqua fredda per almeno 12 ore. Trascorso il tempo di ammollo, scolate i ceci e sciacquateli, poi asciugateli accuratamente con un panno pulito: dovranno risultare perfettamente asciutti al momento dell’utilizzo per garantire un impasto della giusta consistenza (per sicurezza potete asciugarli ulteriormente per 10 minuti in forno ventilato preriscaldato a 100°). A questo punto versate i ceci in un mixer.
Tagliate la cipolla a pezzi grossolani e aggiungetela nel mixer insieme allo spicchio di aglio schiacciato o spremuto.
Insaporite con sale, pepe e cumino. Azionate il mixer per tritare tutti gli ingredienti.
Tritate il prezzemolo a parte e unitelo al composto: è importante non sminuzzarlo direttamente nel mixer perché rilascerebbe troppa acqua compromettendo la consistenza del composto. Frullate ancora per amalgamare il tutto, poi trasferite l’impasto ottenuto in una pirofila e compattatelo con il dorso di un cucchiaio o una marisa. Coprite con pellicola a contatto e lasciate riposare in frigorifero per almeno un’ora.
Trascorso questo tempo formate i falafel con l’apposito strumento e adagiateli man mano su un vassoio foderato con carta forno. In alternativa potete formare i falafel a mano: prendete delle piccole porzioni di impasto e schiacciatele leggermente tra i palmi delle mani, avendo cura di compattarli molto bene. Procedete in questo modo fino a formare tutti i falafel; con queste dosi ne otterrete una cinquantina. Siete pronti per friggere: scaldate l’olio di semi in un pentolino fino alla temperatura di 170° e friggete pochi falafel per volta, aiutandovi con una schiumarola. Non appena saranno belli dorati scolateli e trasferiteli su carta paglia. Servite i vostri falafel ancora caldi!

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Italpreziosi, la fabbrica dell’oro

L’azienda fondata e guidata da Ivana Ciabatti ha puntato le sue carte su macchinari ultra-tecnologici e su processi chimici-industriali affinati in collaborazione con l’Università Sant’Anna di Pisa per produrre oro a 24 carati destinato al settore orafo. Metallo da investimento, che al contrario di quello destinato alla gioielleria continua a crescere di valore. Per la produzione si affida a Tera Automation, start-up co-cofondata dalla ceo che progetta e costruisce le macchine. L’impegno nella gestione responsabile della filiera, anche nell’ottica della sostenibilità ambientale. «Ho sognato e sogno ancora di far profitto, con etica, dignità, morale», sottolinea la numero uno dell’impresa.

Una fabbrica d’oro. Letteralmente: si chiama Italpreziosi ed è la creatura di Ivana Ciabatti, che l’ha fondata nel 1984 nel distretto orafo di Arezzo. Grazie all’utilizzo di macchine ultra tecnologiche e a processi chimico-industriali sviluppati in collaborazione anche con l’Università, Italpreziosi produce oro affinato, vale a dire oro puro 24 carati “Good delivery”, e lo vendiamo al settore orafo che lo trasforma in gioielli o lo destiniamo alla nostra produzione di lingotti da investimento fino a un chilo di peso, occupandoci anche della relativa commercializzazione», dice a Industria italiana la ceo del gruppo. Che nel 2020 ha visto il fatturato aumentare a quasi 7 miliardi di euro, dai 2,7 miliardi del 2019 (il 2021 si attende in lieve flessione).

Il valore aggiunto di questa azienda sta in un modello di business unico che consente di approvvigionarsi direttamente da miniere,  tra cui alcune nel continente americano dove possiede delle partecipazioni. «Affiniamo dunque oro per lo più comprato direttamente e questo ci consente di saltare gli intermediari, riuscendo ad avvicinare il mondo dell’estrazione mineraria a quello della produzione di gioielli», dice Ciabatti. La seconda caratteristica distintiva è la complessità delle lavorazioni, perché l’azienda si occupa anche di affinamento di oro recuperato da processi industriali, seppur in maniera residuale. Per entrambe le attività si è dotata di macchine industriali che ha progettato in parte in house attraverso una start-up che risponde al nome di Tera Automation.

 

Il distretto orafo di Arezzo

Arezzo è parte integrante della storia dell’azienda, perché in questa città ha sede uno dei più importanti distretti orafi del mondo e il più importante dell’Europa. Secondo Federorafi (l’associazione di categoria afferente a Confindustria di cui Ciabatti è stata presidente nazionale per sei anni fino allo scorso giugno), il settore orafo in Italia vale 5,7 miliardi di euro (il dato relativo al 2020 risente della perdita di quasi un terzo nel giro di affari e nell’export). Arezzo, Alessandria e Vicenza sono i maggiori centri produttivi e i primi tre per export (rispettivamente con il 28,3% del totale, pari a 2,3 miliardi; il 21,8% e il 20,4%). L’Italia è il terzo paese produttore al mondo (dopo Cina e India), «ma è al primo per creatività e innovazione», chiosa Ciabatti.

 

Un settore in trasformazione, dove cresce l’oro da investimento (e cala la gioielleria)

Nel 2020 per effetto di quotazioni record dei metalli preziosi, del calo della domanda mondiale, delle misure di contenimento adottate e dello stop forzato dei viaggi sia per turismo sia per business il giro di affari del settore ha perso 2,2 miliardi. Ma se a calare è stata la domanda di gioielleria, quella di oro da investimento è volata.

D’altronde l’oro è un safe haven, un asset capace di proteggere il potere di acquisto di chi lo compra e in periodi di crisi e incertezza la sua appetibilità è maggiore. Il distretto aretino ha rafforzato questo business e secondo Istat nel primo semestre 2020 l’export di metalli preziosi ad Arezzo ha segnato +50,9%, a fronte del -44% registrato dai gioielli.

«L’oro riveste varie funzioni, oltre a essere utilizzato nel settore industriale, farmaceutico, nella produzione di gioielli, è riserva delle banche centrali. Ed è una moneta, l’unica a non essere carta, non stampabile a volontà, universale, che esiste da oltre duemila anni. L’oro rappresenta il bene rifugio per eccellenza ed ha un ruolo importante nel portafoglio come elemento di protezione, soprattutto nei periodi di grande incertezza economico-finanziaria e geopolitica, come quello attuale.  Il debito pubblico in tutto il mondo aumenta e rappresenta in media il 70% del Pil, livello più alto da 150 anni se si esclude la seconda guerra mondiale», dice Ciabatti. In questo contesto, secondo l’imprenditrice, la domanda di oro da investimento non potrà che continuare ad aumentare.

 

«Noi produciamo quest’oro da investimento, in lingottini con purezza uguale o superiore a 999,9 ( 24 carati),  da 5, 10, 20 grammi, fino a 250 grammi e un chilo. Dall’emanazione della legge 7/2000 che ha interrotto un monopolio di Stato che vigeva dal 1935 i lingotti possono essere acquistati anche dai privati, detenuti e venduti esenti da Iva».

 

Italpreziosi non si limita alla sola produzione di barre d’oro e lingotti da fusione, lingotti coniati e monete di Borsa ma «con il dipartimento Precious Metals Sales, supportiamo i clienti e gli intermediari finanziari in tutte le fasi della compravendita di oro».

 

L’azienda è nella lista delle ‘good delivery’ certificate dalla Lbma-London Bullion Market association: la certificazione posseduta da sole 69 aziende in tutto il mondo che attesta che i lingotti, per la loro purezza, sono scambiabili come moneta tra banche.

L’integrazione a monte e a valle della catena del valore

Italpreziosi invece, come accennato, si approvvigiona direttamente dalle miniere di estrazione. «Abbiamo compiuto una piccola rivoluzione: compravamo oro all’estero e ci siamo chiesti perché non andare direttamente dalle miniere, e dunque abbiamo investito con piccole partecipazioni alla Borsa di Toronto, accorciando la catena del valore tra oro grezzo e produzione, tra materia prima e chi la lavora. Acquistiamo dunque questo materiale grezzo direttamente dalla miniera, lo raffiniamo e forniamo la materia prima raffinata ad aziende che la trasformano in gioielli e a banche e privati con l’oro da investimento. Siamo perfettamente al centro della catena del valore». L’oro è una risorsa finita, per questo preziosa. Ma quello estratto può essere trasformato infinite volte. Per questo Italpreziosi non ha del tutto abbandonato il recupero degli scarti industriali. «Un approccio che va verso l’economia circolare – dice Ciabatti – ma in generale per seguire questo processo di integrazione a monte e a valle manteniamo i più alti standard di eticità e sostenibilità».

Le due linee di business e il nuovo stabilimento

Nel nuovo stabilimento si continueranno a svolgere le due attività di Italpreziosi: la raffinazione dell’oro puro per la lavorazione da parte di terzi e la produzione e il commercio di oro da investimento.

«La raffinazione è il primo ramo di attività – spiega Ciabatti – l’oro grezzo che acquistiamo viene separato con un processo chimico industriale dai metalli non nobili. Tutti gli impianti tecnologici innovativi che utilizziamo per questo processo sono prodotti ad Arezzo, a zero impatto ambientale».

Per produrre i lingottini Ciabatti ha co-fondato una start-up, la Tera Automation, in cui lavora un gruppo di ingegneri con un’eta media di 35 anni che progettano e costruiscono le macchine per trasformare l’oro in oggetto da investimento. «La R&S viene realizzata in collaborazione anche con il Sant’Anna di Pisa e naturalmente le macchine sono dotate di alta robotica e automazione», dice Ciabatti.

 

Insomma, nel momento più duro del Covid l’azienda non ha smesso di innovare e investire. «Collaboriamo con l’Università per fare innovazione continua per migliorare processi e prodotti. Il nuovo stabilimento sarà sia tecnologico, sia tra i più sostenibili al mondo».

 

Capitalismo umano

Per realizzare l’obiettivo della sostenibilità, Ciabatti installerà sistemi fotovoltaici ad alta efficienza, favorendo processi chimici che riducono l’impiego di combustibili fossili. E sta progettando un sistema di recupero delle acque reflue per ridurre al minimo i consumi idrici. Ma non solo ambiente. «Avremo un asilo nido, una mensa a metri zero, una coltivazione bioponica – dice Ciabatti – il mio obiettivo è dare segnali positivi di energia, di visione, di qualità della vita. Ho sognato e sogno ancora di far profitto, con etica, dignità, morale».

 

L’aspetto etico è d’altronde una caratteristica che nel settore di cui parliamo non è accessoria, secondo Ciabatti. «Un lingottino d’oro arriva a costare 50mila euro ed è piccolo, può essere nascosto e si presta a essere usato per riciclaggio, ricettazione, finanziamento a gruppi armati, senza considerare il rischio di violazione dei diritti umani nelle miniere stesse. La nostra attenzione di produttori è molto importante».

 

Per questo anche a livello globale, è stato mantenuto l’impegno di una gestione responsabile della filiera, monitorata tramite un costante lavoro di verifica e analisi degli impatti ambientali e sociali. In particolare, Italpreziosi aderisce al progetto internazionale Planetgold, avviato in 8 Paesi, che si propone di sostenere le comunità locali di minatori artigianali nell’eliminazione del mercurio dalla catena di produzione. «Siamo stati tra i primi al mondo a parlare di oro etico e tracciabilità già nel 2008, grazie a un progetto in Honduras che prevedeva che in miniera si usasse solo acqua per l’estrazione e affiancavamo alla produzione servizi per le persone, come una clinica nella foresta al servizio di chi nella miniera lavorava. Una volta ultimata la miniera, ci impegniamo a rispristinare la vegetazione come era in origine, in modo tale da esercitare un impatto prossimo allo zero».

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Le varie tipologie di pietre preziose da regalare e quando

Le tipologie di gemme e pietre preziose sono davvero tantissime e tra quelle più comuni, ovvero quelle che tendono a essere più richieste per un regalo speciale, vi sono sicuramente il diamante, che va inserito al primo posto ma anche il rubino e lo zaffiro, topazio, smeraldo, ametista, ambra, perla, corallo, quarzo, giada, turchese, lapislazzuli. Le prime cinque sono quelle più preziose, mentre le altre no, ma sono comunque molto richieste e i gioielli che le contengono vengono molto acquistati.
Tipologie di pietre preziose: ecco quali sono i gioielli e le pietre preziosi più regalate
Quando regalare le pietre preziose indicate: ecco le diverse occasioni
Tipologie di pietre preziose: ecco quali sono i gioielli e le pietre preziosi più regalate
Esistono tantissime tipologie di pietre preziose e di gemme preziose e tra quelle più importanti vi è di sicuro il diamante. Questo infatti deve essere inserito al primo posto per il fatto che è molto prezioso e costoso, a seconda anche delle sue qualità, del tipo di lavorazione, e così via. Subito dopo però si possono indicare il rubino e lo zaffiro, topazio, smeraldo, ametista, ambra, perla, corallo, quarzo, giada, turchese, lapislazzuli. Dopo lo smeraldo, le gemme indicate non sono costose, ma è anche vero che vengono considerate degli ottimi decori per collane, bracciali e altri tipi di gioielli. Sicuramente si può affermare che la loro presenza in un gioiello, riesca ad arricchire l’elemento e quindi a renderlo più prezioso e anche con un prezzo più elevato. Le caratteristiche di queste pietre ovviamente sono diverse ed è bene indicarne almeno qualcuna, magari le principali, per riuscire a inquadrare al meglio le gemme elencate.
Per quanto riguarda il diamante, questo per essere valutato ha bisogno delle quattro C, ovvero carat, colour, clarity, cut. Di conseguenza il suo prezzo potrà variare in base al peso in carati, al colore che possiede, o meglio a quanto è trasparente, perché più lo è e più ha valore, alla purezza, quindi all’assenza di segni, ma anche al tipo di taglio, ovvero di forma e di numero facce.
Il rubino invece ha un colorito rosso, ma può avere differenti sfumature, può essere più scuro, più chiaro ed è considerato una pietra molto preziosa. In più era molto usata nell’antichità, perché si credeva che avesse il potere del dominio, ma anche dell’amore.
Sempre molto prezioso anche lo zaffiro, caratteristico invece per il suo colore blu. I popolo antichi credevano che avesse dei poteri curativi e in più che fosse simbolo di un cuore grande e gentile, bontà, ma nello stesso anche anche fedeltà e dominio.

Il topazio invece viene identificato di solito con il colore giallo, ma anche in questo caso, ci sono diverse sfumature. È una pietra preziosa che ha una caratteristica particolare: è la più antica conosciuta. Addirittura ne esistono alcuni molto grandi, come quello da 300 kg esposto a New York.

Lo smeraldo invece ha un particolare colore verde, ma è anche molto fragile, proprio per questo si deve fare persino attenzione nel pulirlo. Oggi si usa molto spesso la dicitura “taglio a smeraldo” perché di solito quando questo tipo di gemme viene tagliato, gli si dà una forma rettangolare e da qui è nata poi l’espressione comune.

Il viola invece è il classico colore con cui viene riconosciuta l’ametista, il giallo l’ambra, il rosso il corallo. La perla invece presenta tante varianti diverse, anche se di solito ha sfumature biancastre o rosa ed è molto rara, proprio come il corallo e per questo preziosa. Può essere invece di tantissime tipologie diverse il quarzo, nonché anche di colorazioni differenti.

Molto particolare poi la giada, che ha un caratteristico colore verde e ve ne sono due tipi diversi: la giadeite e la nefrite. Il termine “giada” però di solito viene usato per indicare direttamente la prima tipologia. Si tratta di una pietra molto antica, che i popoli orientali antichi e in particolare i cinesi, tendevano addirittura a venerare e a considerare sacra.

Il turchese e il lapislazzuli invece presentano delle colorazioni blu, ma la prima tende ad essere di un celeste più acceso, mentre la seconda gemma è di un blu molto particolare, elettrico. Oltre a questo, può essere opportuno indicare quando possono essere regalate le pietre elencate.

Quando regalare le pietre preziose indicate: ecco le diverse occasioni
Le pietre preziose indicate possono essere regalate in diverse occasioni, anche se ovviamente non esiste una vera e propria regola. Piuttosto, esistono gemme preziose che magari sono più adatte per essere donate in una certa occasione, piuttosto che un’altra.

Per quanto riguarda il diamante, questo di solito viene acquistato per essere regalato per festeggiare eventi molto particolari e momenti preziosi, come ad esempio le proposte di matrimonio. Ci sono infatti anelli, come i solitari, che sono di solito acquistati proprio per questa occasione.

Per le gemme preziose che vengono subito dopo nella classifica, come smeraldi, topazi, rubini e zaffiri invece ci possono essere altre situazioni per regalarli, sempre però molto speciali, dato che si tratta comunque di gemme di valore. Per fare degli esempi, possono essere donati magari per la nascita di un figlio o per un anniversario di nozze particolare, come quello per le nozze d’argento o d’oro, ma anche di diamante e così via.

Per quanto concerne invece le altre gemme, come ad esempio l’ametista, ambra, perla, corallo, quarzo, giada, turchese, lapislazzuli, si può affermare che anche queste possono essere regalate per festeggiare eventi speciali, come ad esempio compleanni, ma anche ricorrenze come festività. Tra queste, sia quelle principali, come il Natale, ma anche la festa della mamma, del papà oppure si possono acquistare per fare dei regali originali magari per una laurea o per un regalo di 18 anni.

Tra l’altro non si parla ovviamente solo di anelli, come nel caso del diamante e della proposta di matrimonio, perché negli altri casi indicati sarà meglio optare per collane, ma anche bracciali, nonché particolari orologi che magari contengono gemme del genere, e così via. Le idee alle quali poter ricorrere e le occasioni per cui regalare un gioiello con il tipo di pietre preziose indicate infatti sono tante e quindi è possibile anche sbizzarrirsi nella scelta.
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